Valutazione e meritocrazia: il successo è sempre equivalente al merito?

Carissimi lettori, come state? Se d’alcuni mesi non pubblico articoli sul mio dominio non per questo mi sono dimenticato di voi! Siete sempre nel mio cuore! E l’argomento di oggi vi coinvolgerà così tanto che mi perdonerete per avervi un po’ trascurato.
Chi non si è trovato nella situazione di dover valutare? Gli insegnanti, prima di tutto, nel momento di assegnare i voti. Ma a chiunque è capitato qualche volta di dover giudicare una persona. Nel procedere nell’analisi, preferisco, tuttavia, restringere il campo al mondo della scuola, ambito che conosco meglio in quanto docente in un istituto superiore. Questo non escluderà comunque sconfinamenti nell’orizzonte più vasto della società. Prima d’affrontare il problema ritengo però opportuno fare una precisazione utile nel proseguo della trattazione. La complessa questione della valutazione è strettamente intrecciata alla problematica della meritocrazia. Ciò è dimostrato dalla circostanza che persino un ministro, guarda caso il responsabile del dicastero dell’Istruzione e del merito, l’ha posta come simbolo e caratterizzazione del suo mandato politico. Obiettivo dell’istruzione in Italia è diventato premiare il merito e valorizzare i talenti, compito che, secondo l’attuale governo, è sempre stato disatteso ad ogni livello. Eppure, se guardiamo più in profondità, sia ai successi individuali nella scuola che ai trionfi nel campo della politica e dell’economia, notiamo che c’è molto di più del semplice merito. Così, anche nello sport, buona parte del successo è dovuto spesso più al talento naturale che all’impegno e alla costanza. Un caso per tutti: gli straordinari exploit nel tennis di Jannik Sinner. Allo stesso modo, ritornando alla sfera scolastica, è superficiale ritenere giusto che: “lo studente che eccelle nei test va ricompensato con ottimi voti perché il successo se l’è meritato, mentre invece colui che ha delle lacune va penalizzato con valutazioni negative in quanto ha demeritato”. Un atteggiamento responsabile, invece, dovrebbe mirare a scoprire che cosa sta dietro al successo e all’insuccesso. Non sempre il successo dipende dall’impegno e l’insuccesso dal menefreghismo. Talora, gli scarsi risultati nello studio sono frutto di disuguaglianze sociali che sfavoriscono alcune categorie di studenti. D’altronde, non tutti possiedono le medesime capacità che spesso sono innate e dipendono, per coloro che emergono, dalla fortuna di avere genitori dotati d’ingegno. Va bene premiare lo studente che ha un ottimo profitto, ma nello stesso tempo vanno considerate le circostanze che determinano gli insuccessi scolastici. A questo riguardo, molti studiosi, attenti alle strategie didattiche, prendono in considerazione la cosiddetta valutazione integrata, metodo che distingue il giudizio in due componenti. Alla valutazione sommativa concernente le prove di verifica finale di un determinato percorso di studio va accompagnata la valutazione formativa che prende in considerazione le competenze e i processi più che le conoscenze e i meri risultati osservati nelle verifiche. Senza entrare più nel dettaglio, riguardo aspetti puramente tecnici e specialistici, vorrei affermare che anche gli ambiti sociali, emotivi e innati andrebbero contemplati per ottenere una valutazione veramente autentica. Da questo fondamento, dovrebbero partire le azioni della società e delle istituzioni per evitare fenomeni di dispersione scolastica. Accanto alla meritocrazia, una democrazia come la nostra, per essere considerata veramente tale, dovrebbe fare in modo che tutti, anche le persone più svantaggiate abbiano le stesse opportunità. Nel saggio del 2021, il grande filosofo americano Michael J. Sandel spiega perché “la tirannia del merito” sta logorando la democrazia. In molti casi, la meritocrazia è un alibi per nascondere le disparità, diventando la legittimazione etica della disuguaglianza, in nome di un grosso equivoco: che il talento sia merito (e non dono) e chi non riuscirà a emergere, la responsabilità sarà soltanto sua. Se tutti hanno le stesse opportunità, allora chi emergerà grazie ai propri sforzi o alle proprie capacità se lo sarà meritato. In una società competitiva come la nostra non si pratica il fair play e chi non ce l’ha fatta è un “perdente” chi invece ha avuto successo è un “vincente”. La terminologia tipica del mondo dello sport si è trasferita quindi nella scuola e lo studente è diventato un atleta di una competizione che risulta vincente solamente quando ha la meglio sugli sfidanti, dimenticandosi che la solidarietà sociale dovrebbe essere uno dei valori principali di cui la scuola si rende interprete attraverso l’educazione. Talvolta, un successo o un insuccesso scolastico è vissuto come un successo o un insuccesso non dello studente ma della persona nel suo insieme che viene identificata spesso solo con il parametro numerico raggiunto dalle performance, cioè il voto. Senza auspicare un ritorno ai giudizi al posto delle fredde valutazioni aritmetiche, non posso che criticare un tal modo di agire distaccato e disumano. Ma allora come è possibile uscire da questo vicolo cieco senza disconoscere comunque la validità della meritocrazia, considerata ancora da molti come un valido strumento per la valorizzazione dell’impegno, del lavoro individuale, per lottare contro i privilegi e per incrementare la mobilità sociale? Senza dare una risposta univoca a tali quesiti vorrei proporre un dibattito pubblico, una riflessione collettiva sulla desiderabilità della meritocrazia e sul contenuto delle azioni meritorie che le società e la scuola, in particolare, vogliono ricompensare con le dovute precisazioni, diverse caso per caso.
Gentili lettori, aspetto anche da voi un’opinione al riguardo e, se non l’avete ancora fatto, iscrivetevi alle News.
Per ultimo vi presento la bibliografia e sitografia dell’argomento appena sviluppato.
Bibliografia:
-Ferrari Alberto e Maria Renata Zanchin, La valutazione integrata, Pearson 2020.
-Bartezzaghi Stefano, Chi vince non sa cosa perde, Giunti editore, Milano 2024.
-Sandel Michael J., La tirannia del merito, Feltrinelli, Torino 2021.
Sitografia
– https://www.avvenire.it/

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