La scuola è finita?

Il titolo può spaventare, ma il concetto è chiaro e lampante a tutti. Non solo gli addetti ai lavori, ma anche coloro che in qualche maniera sono in contatto con la realtà delle istituzioni delegate all’istruzione ed all’educazione si rendono conto che la scuola già da anni ha iniziato una decadenza inarrestabile che la porterà all’estinzione. È tutta questione di tempo. Il colpo di grazia dopo l’introduzione dei computer, di internet, l’eccessiva presenza dei cellulari nelle classi è stata l’invasione della cosiddetta intelligenza artificiale, l’A.I., secondo la vulgata più diffusa. Utilizzando Chatgpt è possibile ora scrivere temi, risolvere problemi matematici e qualsiasi questione legata  alle disciplina insegnate. Qualche studioso è convinto che siano più i benefici che gli svantaggi apportati da questa rivoluzione, basta farne un uso mirato e consapevole evitando d’esserne dominati. Personalmente credo che le nuove tecnologie informatiche abbiano contribuito alla definitiva distruzione della creatività e dell’arte. Fra qualche anno, sarà l’intelligenza artificiale a scrivere romanzi, articoli di giornale, a produrre dipinti, sculture e architetture più perfetti di quelli realizzati dall’uomo.  Ci sono materie nelle quali l’A.I. non può realizzare a pieno le sue potenzialità (creatività pura, educazione personalizzata, psicoterapia e relazioni umane, settori con scarsa digitalizzazione, agricoltura tradizionale, ambiti etici e legali , e altre nell’ambito della storia) e altre in cui costituisce solamente un ausilio, un modo per ottenere delle risposte in un tempo più breve. Penso  che,  presto, tuttavia, anche queste entità riusciranno a sostituire l’uomo nei campi in cui si crede comunemente non possano accedere.  Ma torniamo alla scuola. Cercando di andar dietro alle nuove didattiche sulla strada inaugurata dal film (1989) “Un Attimo fuggente” di Peter Weir con Robin Williams, il docente ha sempre più cercato il dialogo con gli studenti e metodi didattici più aggiornati. L’insegnante, così, ha compiuto notevoli sforzi in questa direzione, trasformando la figura del docente autoritario e rigido di una volta, in quello autorevole e più comprensivo di oggi. Ciononostante, esso non rappresenta più un punto di riferimento imprescindibile per gli studenti. Così, pure l’impegno indirizzato verso l’ammodernamento della professione, a lungo termine, si rivelerà inutile e renderà solo più lunga l’agonia della scuola. Gli studenti sono consapevoli, ormai, che i loro insegnanti non possiedono più da tempo il primato della conoscenza e  ci sono siti internet e software che riescono a spiegare materie astruse meglio dei docenti. È finito il tempo d’oro dell’istruzione, in cui questa istituzione rappresentava, almeno nell’Italia del dopoguerra e nei decenni di espansione e democratizzazione dell’istruzione negli anni ’60 e ‘70, l’unico baluardo contro l’ignoranza e l’esclusione sociale. La scuola, ad ogni modo,  sembra ancora essere uno strumento indispensabile nella socializzazione delle nuove generazioni, anche se gli alunni oggi non faticano a trovare luoghi e occasioni d’incontro alternativi agli istituti, il cui compito primario rimane sempre e comunque quello dell’istruzione. Per quanto riguarda, poi, l’educazione, credo che la scuola  già da tempo stia perdendo il suo ruolo in questo campo come sta svanendo nello stesso ambito quello della famiglia. Troppe sono le intrusioni del mondo dei social e dei media nella vita degli adolescenti per non far diventare secondaria la funzione espletata dai maggiori agenti naturalmente preposti alla formazione dei giovani! Ma non voglio essere  l’unica voce a cantare il “de profundis” del sistema dell’istruzione, ci sono studiosi prestigiosi che lo stanno facendo, accampando cause diverse dall’assalto delle tecnologie. Jacques Attali, per esempio, nel saggio del 2025 “Conoscenza o barbarie, storia e futuro dell’educazione”, afferma che, se l’educazione è il crisi a livello mondiale, le motivazioni sono da ricercare anche nel grande ritardo in questo settore di alcuni Paesi. L’Italia è fra quelli più arretrati, perché investe poco nell’istruzione. I dati mettono in evidenza la circostanza che nel nostro Paese solo il 25% dei ragazzi tra i 25 anni e i 34 anni ha una laurea, mentre la media nell’Ocse è del 43,1 % e poi, fa preoccupare anche il fatto che 260.000 laureati italiani under 40 si sono trasferiti all’estero. Ma il disastro coinvolge anche altri stati europei. La Svezia, che per lungo tempo ha rappresentato un modello, sta fallendo nel tentativo di alzare il livello attraverso l’apertura al privato. Dice ancora Attali che i Paesi avanzati nell’ambito dell’istruzione sono altri: Singapore e la Finlandia per i metodi d’insegnamento delle materie scientifiche e per la cooperazione, il lavoro d’equipe, meno voti, meno sforzi individuali. Ma il capitolo più scandaloso e interessante del saggio dell’economista francese è sicuramente quello intitolato “La fine della scuola”. In certe zone del mondo la scuola sta morendo e l’analfabetismo sta guadagnando terreno. In India la situazione è catastrofica e chi può mette i figli nelle poche scuole private. In Cina solo i figli di un’élite ristretta può permettersi studi accettabili. In Africa l’esplosione demografica porta a classi di centinaia di alunni. In molte aree del mondo la scuola non esiste più come in Nigeria dove al posto della scuola arrivano gli estremisti islamici. In Europa poi, si dovrebbe scommettere di più nell’istruzione pubblica: la scuola ha perso la sua funzione di ascensore sociale. In Francia il figlio di uno studente di un’università d’élite ha 80 volte più probabilità di frequentare la stessa università d’élite rispetto ad un altro. In conclusione, secondo l’intellettuale francese, per non sprofondare nella barbarie dell’ignoranza è necessario realizzare una scuola di qualità al servizio di tutti, indipendentemente dalla provenienza sociale e dal livello del reddito. Dopo questa panoramica sulle diverse posizioni, riguardo la degenerazione dei sistemi d’istruzione, ci rendiamo conto che solo in una cosa gli studiosi concordano: indipendentemente dalle cause scatenanti la fine della scuola si sta avvicinando e si devono prendere provvedimenti urgenti. Ma sono in pochi fra i politici che dovrebbero intervenire quelli che si rendono conto della gravità della situazione.

Spero di aver contribuito con questo articolo a rilanciare la riflessione dei lettori verso nuove frontiere.

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Bibliografia

Jacques Attali, Conoscenza o barbarie, storia e futuro dell’educazione, Fazi editore,   Roma 2025.

La scuola sta per finire, intervista a Jacques Attali, in “La Lettura”, supplemento  del Corriere della sera del 23 marzo del 2025.

www.fanpage.it – 1° agosto 2025

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